Lezione da Sarah

Un palcoscenico vuoto. Negli angoli bui si intravedono bauli, riflettori, materiali di attrezzeria accatastati alla meno peggio. Sul proscenio, un tavolino coperto da un panno rosso e una lampada liberty. Sono i primi segni della preparazione di un nuovo allestimento oppure siamo di fronte a un teatro in disuso? Da fuori, giungono i rumori di una modernità aggressiva, traffico caotico, clacson, le sirene di un’ambulanza, in lontananza il fragore sordo di un’esplosione che contrastano con il silenzio senza tempo del palcoscenico. Dal buio del fondo palco si affaccia una ragazza con una borsa piena di copioni e libri. E’ incerta se entrare o meno, sembra impaurita. Un rumore sordo che proviene dall’esterno la fa sobbalzare. Improvvisamente, una persona, in platea, tra il pubblico, le grida: “Avanti!”. La giovane ragazza, Marie, entra in un cono di luce che la acceca, cerca, smarrita, il volto della “Signora” che l’ha convocata per un provino. Questa Signora è Sarah Bernhardt, interpretata da Galatea Ranzi.

Così ha inizio Lezione da Sarah, una rielaborazione drammaturgica di Pino Tierno del libro – L’Arte del Teatro – che la grande attrice scrisse “per divertirmi ma anche per rendermi utile” alla fine della sua lunga vita artistica. Ma se il libro riunisce e rielabora i ricordi e gli insegnamenti di una vita dedicata al teatro, in questo testo, tutto viene filtrato e riadattato in un dialogo, pieno di vita e di passione, tra Sarah e le aspirazioni e i sogni di Marie, la giovane aspirante attrice pronta a mettere tutto in gioco pur dimostrare di poter stare su quel palcoscenico. E per riuscirci, deve affidarsi completamente al suo giudice, spogliarsi di qualsiasi pudore e reticenza, abbandonarsi alla “crudeltà” del Teatro.

Più che a un provino, assistiamo a una vera e propria éducation artistique, una sorta di messinscena realizzata “al momento” da Sarah che con un gesto, un movimento del corpo, cambia le luci sul palco, aziona musiche, crea atmosfere diverse per trovare la giusta cornice ai frammenti teatrali a cui Marie tenta di dare vita e corpo. Ma soprattutto saranno i suoi suggerimenti, le sue sferzate e le sue brutali stroncature a modellare progressivamente l’acerba Marie, a darle quella sicurezza nei propri mezzi che ne faranno, un domani, forse, una vera attrice.

Lo spettacolo si crea e si disfa continuamente davanti agli occhi dello spettatore che assiste alla strenua ricerca, da parte delle due attrici, di quella particolare scintilla creativa e artigianale da cui nasce il Teatro; una scintilla però fragile, sempre fuggevole perché minacciata da una modernità ostile, invadente quanto sono i rumori improvvisi e inquietanti che provengono dall’esterno come se tutt’intorno alle quattro mura del teatro il mondo si stesse irrimediabilmente sfaldando. Me è forse anche per rispondere a questo senso di precarietà, di disgregazione che le circonda che porta le due attrici a cercare proprio nel Teatro – ultima agorà civile – la loro ragione di esistere, di emozionarsi, di sentirsi vive.

Il testo non si limita ad uno rapporto a due: infatti Sarah, che si muove tra palco e platea, coinvolge il pubblico nell’ingranaggio dello spettacolo, talvolta richiedendone il giudizio sulla prestazione della ragazza, talaltra cercando proprio, tra gli spettatori, degli improbabili Don Diego, Ippolito o Amleto per dare “la battuta” (la réplique) a Marie.

“Questo – afferma Ferdinando Ceriani – è Lezione da Sarah, un grande atto di amore per il teatro, un gioco di specchi in cui si riflettono le grandi eroine della drammaturgia europea, da Fedra a Chimena a Ofelia, offrendo alla vista dello spettatore quel lato oscuro del nostro mestiere, a lui generalmente precluso, in cui si cela la fatica di fare teatro, quel senso di irrealizzabile perfezione che l’attore persegue, quella tensione, quel dolore, quell’irrefrenabile gioia di essere i messaggeri imperfetti della poesia come scriveva Giorgio Strehler”.

    • Prima Nazionale
    • Liberamente ispirato a L’arte del teatro di Sarah Bernhardt
    • Drammaturgia di Pino Tierno
    • Regia di Ferdinando Ceriani
    • Con Galatea Ranzi e Martina Galletta
    • Musiche di Martina Galletta
    • Audio di Michele Scalet
    • Disegno luci di Francesco Traverso
    • I costumi di Galatea Ranzi sono di Alessandra Giannetti
    • Produzione esecutiva E20INSCENA, Todi Festival