Todi Off – primo giorno
Stamattina al Todi Off è stata inaugurata la “buona pratica” dell’incontro mattutino fra la compagnia esibitasi la sera precedente, il critico che ne ha proposto la visione e il pubblico – in questo caso formato soprattutto dai curiosissimi allievi della masterclass di Elena Bucci.
Lo spettacolo che ha inaugurato, ieri sera, questa start up di provocazione (la drammaturgia contemporanea e i suoi linguaggi spesso non così convenzionali per un pubblico abituato a un teatro più tradizionale) è stato “Esilio“ della Piccola Compagnia Dammaco, proposto dal critico Alessandro Toppi, redattore de “Il Pickwck”. Un monologo ironico, lirico e surreale, una riflessione/flusso di coscienza ad alta voce di un omino/spirito del tempo, prototipo di tutti coloro che, perso il posto di lavoro (eh, la crisi…), si ritrovano ad essere “buttati” – dice proprio così, il protagonista -, esiliati, appunto, espulsi da una società, che all’improvviso sembra non saper più che farsene, di loro. “E allora venne Vergogna. Vergogna ogni mattina si vestiva di tutto punto e andava in un bar, poi in un altro e in un altro ancora e in tutti quei bar faceva finta di essere in una breve pausa di lavoro – scrive lo stesso drammaturgo Mariano Dammaco – […] e venne Tristezza e quando qualcuno gli chiedeva: “Come stai?”, quello confondeva un saluto con una vera domanda e al malcapitato diceva tutti i suoi guai […] e poi venne Spirito di Reazione. Spirito di Reazione si svegliava prestissimo e si metteva subito al lavoro. Sì, aveva un lavoro […] fino a che venne Spossatezza s’infilò sul letto e si tirò le coperte fin sulla testa con gesto definitivo” – e così, in loop, come in una ironica, straziante, onirica e surreale filastrocca, con varianti di pensiero e situazioni tali, da poter consentire al testo – ce lo racconta sempre il drammaturgo – d’incontrare quante più categorie di pubblici possibili. La chiacchierata è stata introdotta da Toppi, che ci ha spiegato le ragioni della sua scelta. “La realizzazione carnale di un testo scritto”, dice, in accordo col suo intento di dare voce alle nuove drammaturgie, che ancora non smettono di scrivere nuovi testi per la scena – “Non siamo rimasti fermi ad Eduardo…” -; e poi l’attenzione a recuperare la centralità di parole come teatro e attore, “E’ sorprendente – nota – come il termine attore quasi del tutto assente sia negli atti dello storico Convegno d’Ivrea” [di cui quest’anno è stato ricorso il cinquantenario] che nella Riforma del Teatro del 2015”; ma, soprattutto, la scelta è ricaduta su di loro per capacità di questa compagnia e di questo genere di teatro di parlare del “piccolo”, in questo caso attraverso l’enorme problema del lavoro, ma in modo prezioso e sorprendentemente concreto.